lunedì 19 maggio 2008

Milano a misura di bimbo

Sono mamma di 3 bimbi e ho tante cose da chiedere per me e i miei bimbi a questa città. Più verde e curato meglio, più piste ciclabili, meno inquinamento. Già, nessuna novità. “Che pizza!” direbbe mia figlia al primo anno di scuola.
Eppure, basta trascorrere un paio d’ore in un parco della città per comprendere cosa rappresentino per un bambino un prato, un’altalena, o un gioco dove arrampicarsi. A noi adulti il verde serve allo sguardo. Un prato o un’aiuola davanti a un locale o in un condominio rendono più piacevole la vista. Per i bambini, invece, un prato è molto di più. Serve alla vita che è fatta di capriole, di partite di pallone, di tanti 10 minuti passati a osservare la frenetica attività di una colonia di formiche, di nascondigli tra i cespugli alla ricerca di un tesoro dimenticato. Per i bambini muoversi è come respirare. Strisciare, rotolarsi, saltare, correre, andare carponi non è ginnastica; è la loro vita. Io credo che il nostro Sindaco, donna e mamma, e le tante donne che, in questa città, occupano posti di responsabilità, comprendano le mie parole; così come tutte le altre mamme che abitano e vivono a Milano e che spesso spingono il passeggino con un poco di rabbia, ma che non capiscono da dove provenga. Forse è l’insoddisfazione nei confronti di una città che riesce allo stesso tempo a dare tanto e poco ai suoi piccoli abitanti. Mostre, spettacoli teatrali, iniziative ludiche di vario tipo, concerti per lattanti, ma poco verde e spesso mal tenuto.
Mi piacerebbe poter dire al mio bambino di 4 anni che la sua bicicletta rossa con le luci intermittenti non è solo un gioco da usare al parco o ai giardinetti, ma un mezzo di trasporto, o meglio, di locomozione. “Con la bici si può andare in giro per la città. Pensa un po’ Giovanni!” vorrei dirgli finalmente un giorno con un bel sorriso. Basta con i su e giù dai marciapiedi perché la strada è troppo pericolosa, ma piste ciclabili nei pressi delle scuole, in modo che tutte le strade che portano ad ogni scuola di questa città fossero per i bambini e le loro due ruote.
Vorrei che nella città dell’happy hour, i bambini pagassero sempre lo stesso prezzo per una bottiglietta d’acqua. Vorrei che ogni bambino che abita a Milano avesse diritto a un posto al nido e alla scuola materna. Avrei voluto che il medico del pronto soccorso che ha visitato la mia bambina con gli occhi gonfi e rossi l’avesse chiamata per nome e salutata con un ciao, che costa pure meno fatica di un lungo buongiorno. E invece niente convenevoli, ma soltanto “ordini”. Mettiti lì, non muovere la testa, stai fermo, vieni qua. Nessuna domanda per lei; le domande si fanno solo agli adulti che rispondono velocemente e quasi sempre senza incertezze. Poi mi piacerebbe che le strade vicine alle scuole avessero il limite di velocità a 30 km orari, perché i piccoli hanno mille pensieri, ma non quello di fare attenzione alle auto che non si fermano sulle strisce pedonali.
Che altro? Mi piacerebbe anche che un parco cittadino fosse destinato ai bambini e solo a loro. Vorrei una città dove, qualche volta, fossero i bambini ad accompagnare gli adulti.

mercoledì 23 aprile 2008

Primi (agghiaccianti) passi nel mondo della scuola

Ciao a tutte, sono una mamma alle prime armi con la scuola a Milano. Mio figlio frequenta il primo anno di materna, la seconda è appena stata esclusa perchè da quest'anno non esistono più i cosi detti "morattini" (bimbi che possono frequentare la scuola materna se compiono i 3 anni entro il 15 marzo dell'anno sucessivo).

Sapete come l'ho scoperto? Da una circolare caduta per caso per terra a scuola, mentre accompagnavo il primo! Se ne è tanto parlato, ma quando è stato effettivamente deciso hanno scelto il modo e il momento peggiore. L'hanno comunicato l'11 aprile dopo che il 10 aveva chiuso il call center per le iscrizioni al nido, e senza avvisare le mamme direttamente interessate nè prima (potevano dircelo in fase di pre-iscrizione, tra febbraio e marzo visto che la decisione era di dicembre!) nè dopo. Che cosa succederà ora? Non c'è nessuna certezza su future eventuali classi primavera dove inserirle - quando e dove verranno fatte? ce lo comunicheranno ad agosto? - ma quel che è certo è che invece al posto di 45 euro di mensa ne dovrò sborsafre 450 (se va bene) per mandarla al nido un altro anno.

Grazie di aver ospitato lo sfogo, forse susciterà un compiacente sorriso in molte di voi che già lottano da anni nella giungla meneghina della scuola. E benvengano blog e iniziative di confronto e scambio di questo tipo, anche solo per sapere che non si è sole.
Anna

venerdì 11 aprile 2008

Parco Aulì Ulè. La proposta di Fulvio Scaparro

Sono mamma di 3 bambini di 6,4 e 1 anno e ho apprezzato la proposta di Fulvio Scaparro del parco per i bimbi. Bella l’idea di collocarlo nell’hinterland milanese che finalmente diventerebbe un luogo dove andare e non solo al quale ritornare ogni sera. Bella la scelta del nome, allegro e che ci ricorda un po’ dove viviamo, bella l’idea della sorgente.
Insomma, un parco da frequentare il sabato, la domenica e anche, un paio d’ore, i giorni feriali, dopo la scuola. E allora, penso anche a un servizio di trasporto pubblico “speciale”, magari su rotaia. Una decina di corse ogni pomeriggio, in partenza dal centro. Un allegro carrozzone in viaggio verso il paese della cuccagna dove non ci sono né orecchie né code da asino, ma si diventa grandi, giocando. Perché il gioco è una cosa seria, molto seria.
Ho apprezzato di meno il limite di 12 anni, ipotizzato da Scaparro, per l’ingresso al parco e mi sorprende che un esperto e apprezzato studioso di psiche infantile ritenga, nei fatti, che a 12 anni non si sia più bambini con il gusto e la voglia di giocare liberamente all’aria aperta. Credo che spostare più in là, di 2-3 anni rispetto alla proposta di Scaparro, il limite d’età per accedere al parco, avrebbe un’importante valenza educativa nei confronti dei nostri bambini. Quasi un’autorizzazione a essere e a comportarsi come bimbi, in barba a tutto ciò che ci circonda.
Anche il divieto d'usare pattini a rotelle e apparecchi per ascoltare la musica mi sembrano fuori luogo.
All’Aulì Ulè mi piacerebbe trovare biciclette e pattini da noleggiare, una biblioteca multimediale, una sabbiera per i piccoli, una piscina coperta, un’area attrezzata con contenitori di plastica per giocare con l’acqua, una pista per i roller, prati puliti e almeno 10 altalene affinché, almeno lì, non si faccia la coda per salire. Poi ancora strutture di gioco dove arrampicarsi, aiuole dove zappare e giocare con la terra. E ancora aree dove giocare con le biglie, l’elastico, le “pulci”. E poi, clown e attori di strada, ma nemmeno una, dico una, paperetta o macchinina a gettone.

lunedì 10 marzo 2008

Un tunnel rosa

Un tunnel rosa che collega via Duprè e via Da Castello. Sopra il traffico e il rumore senza soste del cavalcavia Monteceneri. Da quel tunnel ci passiamo tutti i giorni, quattro volte al giorno. Per andare alla scuola elementare pubblica più speciale della nostra città.
E’ il rosa più bello del mondo quello del nostro tunnel, il colore che piace tanto alle bambine e di cui vorrebbero sempre vestirsi. E’ strano pensare a se stessi e ai propri bimbi nell’atto di percorrere quel breve tunnel rosa, mentre sopra alle proprie teste scorre la città, quintali di cemento, asfalto e lamiere grigi. Quel piccolo corridoio è come un buongiorno, un benvenuto che la città rivolge ai tanti bambini che passano di lì. Poi entri. La puzza e le pozze di pipì ogni due passi. Le tag sono dappertutto. Si incrociano e si sovrappongono. “T.v.t.b.” ad ogni altezza; brutte parole vecchie insieme a parole nuove ancora più brutte, figlie del linguaggio da sms.
Vicino all’uscita di via Da Castello c’è un disegno. Il volto di un brutto ceffo cui qualcuno ha cerchiato gli occhi di verde acido. Lo chiamiamo il mostro da quando la mia piccola di un anno e mezzo, tutte le volte che ce lo ritrovavamo di fianco, cominciava a fare uno strano ringhio. E così ora c’è il rituale del mostro. Io le dico: “Attenta Isa che adesso arriva il mostro!” e lei comincia a fare, per l’appunto, uno strano bau-bau. E così si fa l’abitudine al brutto che è intorno a noi, anzi ci si ride sopra. E quasi senza accorgersene, giorno dopo giorno, ti dimentichi di ricordare ai bambini che quel passaggio non dovrebbe essere così. Appena fuori dal tunnel vediamo una ragazza che, bici in spalla, si appresta a salire le due rampe di scale che la separano dal cavalcavia. Anche questa è Milano. Tra il muro di cinta della scuola e le barriere antirumore che la separano dal cavalcavia c’è una striscia di prato chiusa da un cancello sempre aperto. Lì davanti può capitare di vedere pezzi o parti di motori di automobili, scheletri di scooter abbandonati e una volta anche uno strano macchinario smaltato di bianco. Forse una macchina impastatrice. E abbiamo riso pensando a cosa facesse in strada, dimenticata su un marciapiede di periferia, una macchina che fa il pane. Abbiamo riso, ma è stata l’ultima volta.

lunedì 3 dicembre 2007

Genitori ed elezioni scolastiche

Quesito: come si misura la partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei propri figli? Attraverso l’affluenza dei genitori ai seggi scolastici o la numerosità delle candidati alle elezioni degli organi collegiali. Non solo.
C’è un mondo di genitori interessato a quel che succede a scuola, dopo che la campanella è suonata che, però, non è andato a votare il giorno delle elezioni scolastiche.
Sono, ad esempio, i genitori delle Commissioni Mensa che, forchetta alla mano, assaggiano le pietanze che i loro figli mangeranno in mensa. Visitano le cucine di Milano Ristorazione, l’azienda che fornisce la refezione ai bambini di Milano, stabiliscono rapporti con gli ispettori di mensa, con le scodellatici e poi si confrontano tra di loro su forum e newsgroup.
Poi ci sono i rappresentanti di classe che hanno l’agenda come Bush, fitta di impegni. Le riunioni di interclasse, quelle con i dirigenti scolastici, i colloqui con gli insegnanti, gli scambi di informazioni con i genitori, le commissioni al supermercato per acquistare chili di carta (igienica, crespa, per le fotocopie…).
Non mancano anche i genitori che partecipano ai comitati, da quelli sportivi a quelli per le feste che si tengono a scuola. Ci sono le mamme che gestiscono il prestito della biblioteca scolastica, come alla scuola Rinnovata. Ci sono anche tanti nonni e genitori che ogni giorno vanno a scuola a sbucciare la frutta che i bambini mangeranno all’intervallo. Alle materne, poi, non è raro trovare genitori che donano giochi e libri, cuciono tende e copricuscini per le classi dei loro bimbi.
Insomma, una partecipazione dal basso, più che dall’alto. Ci sarà pure un perché. L’idea comune è che la scuola di oggi abbia a disposizione risorse materiali del tutto insufficienti. Forse per questo le energie dei genitori si spendono e finiscono lì. Trent’anni fa, i nonni di oggi, non compravano né sapone, né carta e della scuola avevano un’idea grande.

giovedì 15 novembre 2007

In bici sulle zebre

In bici sulle zebre a Milano. Nessun esercizio d’equilibrismo da circo, soltanto la regola per chi vuole muoversi in bicicletta con il proprio bimbo al seguito. Lui 4 anni, senza rotelle, con un caschetto blu e una trombetta a forma di Topolino attaccata al manubrio, pedala sul marciapiede; io, invece, sono in strada. Lui attraversa sulle strisce pedalando, io scendo dalla bici e cammino vicino a lui, ma non sempre. Insomma tutto quello che si deve, ma non si dovrebbe fare, per arrivare a meta, a scuola o al parco, e non a metà…
Oggi un bambino di 11 anni ci ha dimostrato che attraversare in bici sulle strisce non è sicuro. Ci ha anche ricordato che le strisce sono pedonali e non ciclabili. Già, ma come si fa a far scendere in strada un bimbo di 4 anni? Le strade sono pericolose, le strade sono delle macchine, lo sanno anche i piccoli. E come la mettiamo con il diritto dei bambini di muoversi in bicicletta per la città? Succede oramai troppo spesso che a Milano i diritti dei bambini, in sella o sulle proprie gambe, siano ridotti a quel che rimane. Quel che resta di marciapiedi, giardinetti, aree gioco e parchi dopo che i grandi sono già passati.
E le nuove piste ciclabili promesse dal Comune? Bisognerà aspettare 4 anni. Per questo lo sguardo di quel bambino con felpa blu e caschetto giallo, alla guida di un triciclo che da più un mese ci guarda dagli angoli di mezza città, è un poco perplesso. E nel frattempo? Strisce pedonali e marciapiedi ciclabili per i bambini fino a 10 anni, a passo d'uomo, perché sarebbe bello poter dire ai bambini che la bicicletta non è solo un gioco.

venerdì 9 novembre 2007

"Mamma, i cani fanno la cacca?"

“Mamma, i cani fanno la cacca?”. E’ la domanda che vorrei mi facesse un giorno la mia bambina che ha da poco imparato a stare seduta. Come una di quelle domande sugli animali che i bambini che vivono in città e che di animali dal vivo ne hanno visti pochi pochi, fanno spesso. Domande del tipo: “I gattini nascono dalle uova, come i pulcini?” Insomma, non mi dispiacerebbe un po’ più di mistero sulla pupù dei cani, anziché vederla, ad ogni passo, spiattellata, raggruppata in cumuli o striata spiacevolmente sui marciapiedi.
Giovanni, invece, secondo anno di scuola materna, sa perfettamente che i cani fanno la cacca e, l’altro giorno, si è preso una sculacciata, per la cacca di un cane sconosciuto.
Cronaca di un pomeriggio ai giardinetti. Prima salti e corse con i compagni di classe nell’area verde con il cartello “no cani”. Poi, prima di rincasare, un’aggiustatina a sciarpa e berretto, su la cerniera del giubbotto e la “sorpresa” è lì, sulla suola destra. Inequivocabilmente cacca di cane. Intollerabilmente cacca di cane perché, e a meno di due metri, c’è un’aiuola priva di cartelli e, a meno di cinquanta, c’è niente-popò-di-meno-che (è proprio il caso di scriverlo…) un’area cani recintata. Intanto, per il nostro problema l’aiuola spelacchiata non può aiutarci granché, allora ci allontaniamo per raggiungere il primo marciapiede e dare inizio alla più efficace manovra toglicacca-dalla-scarpa. La cosa non riesce. Ci penseremo a casa. Il giorno dopo siamo di nuovo al parchetto, la giornata è tiepida. Giovanni vuole correre nell’aiuola insieme ai suoi compagni e io, che ho ancora vivo il ricordo della pulitura della sua scarpina, prima comincio a fare “no” con la testa, poi anche con l’indice e, infine, arriva pure la sillaba, forte e risoluta. Visto che tutto prosegue, manata sul sedere. Come se le avesse prese perché troppo PM10 gli fa venire la tosse.